martedì 7 aprile 2015

Dark Tales of Japan


Titolo originale: 日本のこわい夜 Nihon no Kowaiya
Paese: Giappone
Regia: Yoshihiro Nakamura Masayuki Ochiai  Takashi Shimizu  Kôji Shiraishi  Norio Tsuruta
Anno: 2004

Antologia di 5 storie del terrore, ambientate in Giappone, collegate da una sottotrama che risulta onestamente più spaventosa delle storie stesse.
Il tutto parte da un autobus notturno, sul quale sale una vecchia signora in kimono, dall'aria alquanto spettrale. Man mano che il bus procede nella notte, la signora chiede sempre più insistentemente all'autista se può raccontare una storia dell'orrore: seguiranno momenti sempre più spaventosi, fra un racconto e l'altro.
Kumo-onna racconta la storia di un paio di reporter che cercano di far luce sulla leggenda urbana della donna-ragno; Sukima vede un uomo rendersi conto che le presenze oscure celate nelle fessure hanno fatto sparire l'amico, per poi caderne vittima a sua volta; Ōnamakubi racconta una storia di sacrifici rituali che si tramandano di generazone in generazione, mentre una povera ragazza cerca di scappare da uno stalker; in  Kinpatsu Kaidan  un uomo in visita a Los Angeles scopre che anche le bionde possono trasformarsi in spiriti vendicativi; infine Yokan racconta di un uomo che, dopo aver perpretato la truffa perfetta, si ritrova intrappolato in un ascensore con delle persone  alquanto singolari.  Il film si conclude quindi con un ultimo segmento dedicato alla donna sul bus, sempre più spaventoso.

Tutto sommato l'idea non è male, trovo molto d'impatto l'intera serie di scene ambientate sull'autobus, molto più spaventose di tutto il resto messo insieme. Nel complesso, sia Kumo-onna  che Sukima propongono una giusta dose di suspance e mistero, che rendono piacevole la visione dei due racconti.   Ōnamakubi  si conclude forse in maniera troppo frettolosa e avrebbe potuto benissimo prendere vita come film a se stante, anche se non sfigura in questa versione accorciata.
Mi chiedo tuttavia, come sia possibile che un regista acclamato e, generalmente, impeccabile abbia potuto concepire una porcheria come  Kinpatsu Kaidan: voglio sperare che si trattasse di una tentativo di parodia. Non esistono altre spiegazioni logiche all'imbarazzante cortometraggio, davanti al quale anche i film che ho valutato pessimi nel corso degli anni su questo blog risulterebbero dei capolavori.  Yokan non eccelle come i primi due racconti, ma gode sicuramente di una buona sceneggiatura e sarebbe interessante svilupparla ulteriormente in formato film.

Tutto sommato l'antologia si lascia guardare, senza troppe pretese e senza troppo coinvolgimento. Tralasciando lo scivolone di Shimizu, gli altri racconti hanno tutti un loro perchè ed offrono sicuramente un livello minimo di coinvolgimento. Certo, ripeto, minimo. Sarebbe stato interessante vedere più scene riguardanti la donna in kimono, ma sono certa che la domanda Kowai hanashi, kikitai desu ka? rimarrà negli incubi di molti.

Voto: 5,5


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