mercoledì 11 giugno 2008

Japan Sinks!


Titolo originale: Nihon Chinbotsu
Paese: Giappone
Anno: 2006
Regia: Shinji Higuchi


Tratto da una disaster-novel del 1973 (scritta da Sakyo Komatsu) e remake dell'omonimo film girato quello stesso anno da Shiro Moritani, Japan Sinks è il "Day after tomorrow" in versione nipponica.
Lo scivolamento della zolla che sostiene il Giappone sotto alla placca del Pacifico provoca l'inesorabile affondamento dell'arcipelago giapponese, con contorno di tsunami, eruzioni vulcaniche, uragani e così via dicendo. Il film sviluppa due trame parallele che si intersecheranno solo alla fine: da una parte abbiamo un gruppo di studiosi che lotta contro il tempo per trovare una soluzione al disastro mentre il governo cerca di salvare il salvabile; dall'altra una ragazza membro addestrato di una squadra di pronto intervento che fa di tutto per preservare la felicità della sua famiglia e di chiunque le capiti a tiro.
Ovviamente ci sarà l'incontro tra uno degli studiosi e la ragazza i questione ed ovviamente sarà la loro storia d'amore ad alleggerire (o affondare del tutto, già che siamo in tema) la drammatica vicenda.

Significative alcune frasi e situazioni, che ci palesano l'enorme divario che scorre tra l'assurdo ed incrollabile ottimismo made in USA (nemmeno il ghiaccio killer e i tifoni apocalittici riescono a fermare l'avanzata di Dennis Quaid nel film di Roland Emmerich) e l'altrettanto assurdo ed inevitabile patriottism-pessimismo di un Primo Ministro giapponese che vede nel "non far niente e morire insieme al proprio paese" l'unica soluzione possibile (ma di fatto poi non attuata, se no il film sarebbe durato 30 minuti). Emblematica anche la situazione finale che vede il paese del Sol Levante lasciato solo a se stesso ed abbandonato dagli stati amici: riferimento casuale a fini logistici, pessimismo cosmico imperante o mal celata insicurezza nei confronti dei gajin (forestieri)?
Nonostante le numerose discrepanze e l'assurdità di molte scene e trovate spettacolari (gente cotta zotto agli zampilli ad ogni scena ma protagonisti invincibili e sempre ben pettinati, giusto per citarne una...), Japan Sinks rimane un'ottimo disaster movie che si foggia di effetti speciali di tutto rispetto e impatto visivo decisamente forte.
Divertente e commovente allo stesso tempo. Consiglio poltrona comoda e pop corn, data anche la lunghezza (più di due ore).

Voto: 6,5

Sorum


Titolo originale: Sorum
Paese: Corea del Sud
Anno: 2001
Regia: Jong-chan Yun


Un giovane tassista si trasferisce in un fatiscente palazzo alla periferia di una grande città, palazzo in odore di demolizione se non fosse che i pochi inquilini rimasti non hanno nessun interesse a cambiar casa. Subito dopo l'arrivo stringe amicizia con una donna vessata dal marito violento, provocando così la gelosia e la curiosità degli altri inquilini del piano.
Poco dopo si viene a sapere che nell'appartamento del giovane si è consumato un dramma e che questa morte è collegata a fatti ancor peggiori accaduti trent'anni prima.

Film più drammatico che thriller, più giallo che soprannaturale, più neorealista che realistico.. affonda le proprie radici in tradizioni e pregiudizi che trovano fondamento in una società alla disperata ricerca di se stessa, in perenne declino e senza via d'uscita. Uno sguardo terribile e maliconico sull'impossibilità di crescere ed il desiderio, insito in tutti noi, di ritornale all'ovile e a quella figura materna a volte fuori dagli schemi (una donna incapace di badare a chiunque, una ragazza isterica.. perfino un appartamento abbandonato), ma sempre disposta ad accoglierci a braccia aperte quando tutto sembra andare male.
Sorum sembra dare nuovo significato alla parola "casa" che assume la doppia valenza di edificio e di entità, di grembo materno ma anche luogo di prigionia.. dove si è protetti dal mondo esterno ma non dal nemico più pericoloso: se stessi.
Una spirale discendente, verso l'oblio e l'autodistruzione in una continua ricerca della felicità che immancabilmente sfugge ad un gruppo di protagonisti sempre più tristi, disperati e incapaci di domare le proprie emozioni.
L'unica soluzione rimane la fuga, dalla vita, dagli impegni, dal lavoro. Crescere lontani dalle proprie radici. Ma sarà davvero possibile?
Interpreti strabilianti, dialoghi intensi e fotografia crudele rendono questo titolo unico e decisamente interessante, nonostante i numerosi tempi morti e la drammatica staticità dell'intera vicenda. Ma non avrebbe potuto essere girato diversamente.
Da vedere.

Voto: 7,5

martedì 10 giugno 2008

Kisaragi


Titolo originale: Kisaragi
Paese: Giappone
Anno: 2007
Regia: Yuichi Sato


Giappone, la giovane idol Miki Kisaragi muore suicida nel suo appartamento. Esattamente un anno dopo, 5 uomini si riuniscono per renderle omaggio.
Si tratta dei membri più assidui del forum online dedicato a Miki, nonchè i suoi più grandi fans.
Uno di loro sospetta però che la morte della ragazza sia in realtà un omicidio e comincia a puntare il dito sugli altri partecipanti alla riunione. Da qui partono accuse reciproche e confessioni a turno, in una serie di colpi di scena pressochè infinita che ci porterà alla soluzione finale del mistero (ma sarà vero?) e conclusione del film.
La storia si svolge interamente all'interno di un piccolo attico, giocando l'intero intreccio sui dialoghi e la fisicità teatrale di azioni e gesti compiuti dai protagonisti, annullati nella loro individualità tramite l'uso di vestiti identici e invitati a riconoscersi tramite nickname (metafora della spersonalizzazione insita nella comunicazione online), che si trovano a recitare una sorta di tragedia greca in uno spazio chiuso e soffocante (non a caso ad un certo punto comincia a piovere).
Unica eccezione sono i pochi flashbacks, quasi sempre rappresentati da una commistione di fumetto e fotografia (rimando al mondo inconscio dei ricordi).

Film che di spaventoso non ha nulla, che rischia forse di annoiare lo spettatore alla ricerca di continue emozioni visive e frenetiche, ma che tuttavia non risulta lento. Dialoghi ed interpreti perfettamente in sintonia rendono la trama in costante evoluzione, mantenendo alta la suspance e garantendosi così l'attenzione del pubblico nonostante le limitate suggestioni action-oriented e il modesto lato spettacolare.

Dieci piccoli indiani in versione treatral-nipponica, spesso citato come commedia ma ben lungi dall'esserlo, senza tuttavia risparmiarsi in trovate divertenti ed ironiche.

Brillante.

Voto: 7

Attack the Gas Station


Titolo originale: Juyuso seubgyuksageun
Paese: Corea del Sud
Anno: 1999
Regia: Sang-Jin Kim


Notte. Un gruppo di ragazzotti un po' strambi decide di rapinare una stazione di servizio. Niente di eccezionale.
Passa un po' di tempo.
Notte. Il gruppo di ragazotti di cui sopra, annoiato mentre mangia noodles in un ristorantino di quartiere, decide di spezzare la monotonia rapinando una stazione di servizio. La stessa stazione di servizio. Salvo poi rendersi conto che a fingere di esserne i proprietari forse si guadagnerebbe di più. Da qui parte una serie di situazioni rocambolesche e assurde, di una violenza così buffa da suscitare risate incontrollate, alla stregua dei pestaggi a cui ci avevano abituati i classici Bud Spencer & soci.

Attack the Gas Station non è, ovviamente, un film horror. Anzi.
Film di poche pretese ma di sicuro effetto, denso di rimandi e citazioni (impossibile non pensarlo come risposta coreana ad Arancia Meccanica, di cui è sia figlio sia parodia sia omaggio), piacevole e divertente, nonostante tutto.
Nota di merito agli interpreti (mai sopra le righe), magnifici portabandiera di un disagio giovanile portato sullo schermo in maniera ironica e leggera, senza tuttavia cadere nello scontato. Sottile critica nei confronti della rigidità dell'educazione coreana (sia in famiglia che negli istituti scolastici, con particolare attenzione al mondo dell'arte e dello sport) alla quale si oppongono l'originalità ed il carattere anticonformista di quattro giovani che, proprio per questo, vengono puniti e spinti verso una vita di ribellione (personale e sociale).
Assolutamente significativo il finale, che non prevede punizione ma redenzione per i protagonisti che raggiungono la tanto agognata maturità proprio grazie a scorribande come queste e acquistano così il coraggio per realizzare i propri sogni.
Il tutto presentato in maniera divertente e spassosa, quasi come una medicina amara ricoperta di zucchero filato.
Geniale.

Voto: 7,5