venerdì 12 marzo 2010

Tokyo Psycho


Titolo originale: Tôkyô densetsu: ugomeku machi no kyôki
Paese: Giappone
Anno: 2004
Regia: Ataru Oikawa

Yumiko, promettente designer e giornalista, viene perseguitata da strani personaggi e lettere anonime dal contenuto vagamente inquietante ("Tu mi devi sposare") apparentemente scritte da uno sconosciuto.
La sua vita diventa un incubo quando grazie ad alcuni amici ricorda che già in passato (alle medie) era stata oggetto delle attenzioni di un ragazzino psicolabile, in seguito incarcerato per l'omicidio dei propri genitori e sparito dalla circolazione. E se fosse ancora lui?
Grazie all'aiuto di un'amica novella detective scoprirà la verità, anche se a farne le spese non saranno in pochi.
Girato in pochissime locations, claustrofobico e ossessivo, questo film è opera del regista cul Ataru Oikawa, già famoso per la serie Tomie e indiscusso genialoide da thriller fumettistico.
Tokyo Psycho (non si capisce perchè si citi la città, mai nominata nella pellicola) prende vita da una novella, Tôkyô densetsu: ugomeku machi no kowai hanashi, di Yumeaki Hirayama.
Fallisce miseramente nel renderne le atmosfere cupe e psicotiche, anche se il tentativo c'è e si fa evidente soprattutto nella caratterizzazione di Igumi, psicopatico atipico e soprattutto creativo.
Slegate e apparentemente senza senso sono le, poche, sequenze veramente disturbanti gettate a mò di intermezzo in una storia che stenta a farsi inquietante (più che pauroso, sembra tutto esageratamente irritante) ma che acquistano senso se viste dal punto di vista dell'assassino.
Nota di demerito per tutti gli interpreti tranne l'antagonista che sembra genuinamente scappato da un manicomio, perfetto nell'incarnazione del doppio e della schizofrenia ossessiva propria del personaggio.

Visivamente povero, manca di effetti speciali e punta invece sull'ordinario, cercando di calarci nel quotidiano.. un quotidiano ahimè troppo plastificato per risultare credibile.
In sostanza, un film guardabile con ottimi spunti di riflessione che vengono però banalizzati e sprecati. Poteva essere meglio.

Voto: 6




The Unbelievable


Titolo originale: 怪談
Paese: Hong Kong
Anno: 2009
Regia: SaiKeung Fong

Versione cinematografica di una popolare serie televisiva di Hong Kong, The Unbelievable è in realtà una sorta di film documentario di quasi un'ora e mezza.
La troupe della serie tv, non al completo ma quasi, si reca in Thailandia e Malaysia per dare un'occhiata alle credenze e alle usanze del luogo.
Fin qua niente di eccezionale se non fosse che la quasi totalità delle situazioni a cui vengono esposti i protagonisti è o palesemente fasulla e costruita su clichè ormai abbastanza stancanti, oppure decisamente gratuita e inutilmente cruda.
Detto questo, a stomaco vuoto è in realtà una pellicola che sa come conquistarsi attenzione portando lo spettatore in contatto con realtà così lontane e misteriose da risultare affascinanti anche nei momenti più trucidi (un consiglio spassionato: se siete deboli di stomaco, evitatelo come la peste): si passa dall'evocazione di spiriti a pratiche voodoo con tanto di sgozzamenti di varie specie animali, rituali di rinvigorimento sessuale ad opera di santoni ermafroditi e tentativi di esumazione mal riusciti.
A dare un tono tragico, probabilmente per dare una sorta di giustificazione nobile (?!?!?!) al tutto, intervengono le scene iniziali che altro non sono che riprese d'archivio giornalistico della carneficina avvenuta in seguito allo tsunami che colpì l'Oceano Indiano nel 2004.

Visivamente interessante, girato in puro stile documentaristico con riprese dal vivo e conseguente mal di mare per lo spettatore più delicato. Risulta tuttavia guardabile, anche se non eccessivamente brillante.
Attori a volte troppo innaturali ma tuttosommato adatti alle particciole da star televisiva in cui era doveroso calarsi.
Una nota di merito per i tantissimi (e indenni!!!!!) gatti che popolano le inquadrature.
Da seguire fin dopo la "finta" sigla, la scena finale è interessante.
"Paranormal Activity" in versione orientale, con tutto quello che ne consegue.

Voto: 4,5


Dead Air

Titolo originale:
Paese: Hong Kong
Anno: 2007
Regia: Xavier Lee Pak-Tat

Dopo aver aiutato una ragazza fantasma trovata accidentalmente sul ciglio della strada, salvando il bambino che portava in grembo, un produttore televisivo alquanto scapestrato diventa una sorta di star grazie all'aiuto della suddetta fantasmina.
Ovviamente i piani non vanno come previsto e dopo l'iniziale successo ne succedono di cotte e di crude, compresi drammi familiari di sapore quasi nostrano.
Dead Air è un film scontato, ennesimo eco dell'ennesima ragazza morta un tantino alterata che torna per vendicarsi.
In questo caso però mancano sia gli effetti paurosi che avrebbero reso meno tediosi gli 80 minuti di video, sia la profondità psicologica che li avrebbe resi ben spesi.
Una pellicola al limite della stupidità, con poche (pochissime) scene azzeccate, che si salva solo grazie a personaggi minori, siparietti ironici e comici in un mare di mediocrità sia dal punto di vista recitativo che visivo.
Manca di suspance, gli attori sono inadatti (la protagonista sembra uscire da una pagina di vogue più che da un cimitero) e di scarso impatto nonchè costantemente sopra le righe in maniera inequivocabile.
Effetti speciali da scuola elementare e scarso acume nell'uso di luci e stratagemmi tecnici non depongono certo a suo vantaggio.

Noioso, scontato e di poco interesse.
Da evitare. O consigliare in caso di vendetta!

Voto: 3