domenica 6 aprile 2008

Crazy Lips


Titolo originale: Hakkyousuru kuchibiru
Paese: Giappone
Anno: 2000
Regia: Hirohisa Sasaki



... Oh, say! can you see by the dawn's early light ...
Dunque.
Spiegare la trama di questo film può essere tanto semplice quanto impossibile; a prima vista si direbbe il classico thriller a sfondo soprannaturale, con qualche aggiunta in più: una ragazza, per cercare di salvare il fratello dall'accusa di plurimo omicidio, si rivolge ad una sensitiva la quale, con l'aiuto di un assistente molto scaltro, approfitta della situazione per raggiungere i propri scopi personali (ed oscuri) sfruttando le debolezze della famiglia in questione.
Detto così sembrerebbe un film forse banale ma comunque degno di tale nome e qui casca l'asino. Quella che ho appena scritto è il realtà la trama di un altro film, quello che forse avrebbero voluto (o dovuto?) girare in origine, ma di certo non non quella di Crazy Lips.
Qui si parte da una famiglia un tantino problematica assediata da giornalisti 24ore al giorno e perseguitata da un poliziotto che definire viscido è poco, una madre che sembra avere il carattere di una medusa sotto spirito, una sorella maggiore ninfomane e perennemente arrabbiata col mondo, una figlia minore con evidenti turbe sociali (e non solo). Per non parlare della Vanna Marchi nipponica in versione vedova al funerale in perenne compagnia di un maniaco sessuale in versione dandy becchino e della coppia di agenti FBI (lei giapponese americana ed in quanto tale parruccata a dovere, lui super agente infiltrato in perfetto stile KungFu-Matrix) capitanati da un fantomatico Colonnello affetto da invidia del pene.
Condite il tutto con scene simil-erotiche (più che altro lezioni su come si impasta il pane, ora capisco la disperazione di tante donne giapponesi) e sequenze splatter da asilo nido.
Unica ed inimitabile la colonna sonora, composta da brani inediti (probabilmente una creazione originale del figlioletto del regista, grande strumentista esperto nell'uso della tastierina del cellulare), musiche di repertorio (vedi alla voce poliziesco anni '70) e grandi interpretazioni vocali: impossibile dimenticare la struggente ballata che Satomi (no, non mi riferisco al violaceo capellone di Kiss Me Lycia) dedica al fratello tanto amato (certo, se lo amasse veramente probabilmente eviterebbe di aprire la bocca) e l'incantevole interpretazione dell'inno nazionale americano ad opera della parruccata agente FBI.

Un film che non smette mai di regalarci un sorriso (più che altro una risata incontrollabile), nonostante la totale assenza di luce in quasi tutte le scene (comprare un paio di lampadine avrebbe rischiato di compromettere il budget), la completa mancanza di espressività e logica sia nei personaggi che nella trama, l'assoluta assurdità dell'intera vicenda e soprattutto della sequenza shaolin nel bosco.
L'unica cosa che mi sento di dover sottolineare è come l'incredibile nonsense di tutta la pellicola trovi una sua raison d'ètre in quei due minuti di finale che definirei geniale: una drammatica e feroce critica nei confronti della nuova società nipponica, così americanizzata, così alienata e così depravata da trovare rifugio solo nella morte (per mano propria o del "nemico"). Un epilogo feroce e crudele che regala sollievo e l'illusione (perchè tale è) di vivere al sicuro, lontani da quel mostruoso mondo.
... What so proudly we hailed at the twilight's last gleaming ...

Voto: 5

mercoledì 2 aprile 2008

Re-Cycle


Titolo originale: Gwai Wik
Paese: Hong Kong
Anno: 2006
Regia: Oxide Pang Chun, Danny Pang


Scrivere un libro è un po' come scrivere se stessi, come se una parte della nostra anima si staccasse e andasse a vivere tra quelle pagine, in quegli appunti, su quei foglietti strappati e gettati nel cestino... inutili e dimenticati. Ma nessuno vorrebbe mai sentirsi inutile e dimenticato e per questo a volte i pensieri che scartiamo si ribellano e ci costringono a confrontarci con l'orrore delle nostre azioni. Che lo vogliamo o no.
Si apre allora una porta, un varco che ci conduce là dove vive la fantasia, prima di morire divorata dall'oblìo.
Questo è quello che succede anche a Tsui Ting-Yin, famosa scrittrice di romanzi rosa ora impegnata nella stesura di un libro su fantasmi &co.
Quello che parte come un viaggio nel mondo delle idee scartate e dei ricordi rimossi si rivelerà ben presto una sorta di pellegrinaggio alla riscoperta di sé stessa e di una parte, probabilmente, mai accettata della propria esistenza: quella di madre.
Dopo l'apparente banalità dei primi 20 minuti, il film si apre allo spettatore come un meraviglioso libro (non credo che la similitudine sia un caso...) animato da migliaia di personaggi fantastici e altrettanti incredibili mondi surreali, attraverso i quali Tsui intraprenderà un percorso di rinascita che la porterà ad affrontare i suoi più intimi timori e rimorsi, fino allo struggente e dolcissimo momento finale (mitigato da un'ultima scena probabilmente superflua, ma comunque non troppo inadeguata).

Dopo una serie di capitomboli cinematografici, i fratelli Pang tornano alla ribalta con un capolavoro assoluto; un film che sa unire lo spirito visionario di Lovecraft e Gaiman con l'orrore di serie come Silent Hill e pittori come Bosh, mitigando il tutto con una nota di malinconia e dolcezza. Una tenerezza che colpisce dritti al cuore e accarezza dolcemente un tema di per sè decisamente atroce.
Da vedere. Una, dieci, cento volte.

Voto: 9





Wild Zero


Titolo originale: Wild Zero
Paese: Giappone
Anno: 2000
Regia: Tetsuro Takeuchi

Zombies, l'apocalisse, alieni su astronavi a forma di palle dorate, una rock band troppo "rock'n'roll" e dedita al culto della gommina per capelli, uno sfegatato fan rockettaro pessima imitazione di Fonzie e con qualche problema di identità sessuale, un manager col feticcio delle mutande in pvc, un'orda di gemelli pelati e agghindati alla YMCA, un'amazzone anoressica trafficante d'armi ed aspirante maniaca omicida, una coppia di idioti tanto brutti da essere anche peggio dei non morti, un rapinatore in crisi mistica che piange alla vista del sangue, una donna che in realtà è un uomo che però sembra una donna ma dovrebbe essere uomo e alla fine non si sa cosa sia.
Non vi basta?
Wild Zero è una delle cose più atroci mai partorite da mente umana. Vorrebbe essere serio ma è tanto demenziale da risultare stomachevole. Impossibile ridere, si può al limite provare pietà per le povere comparse... loro si spera fossero ignare del destino a cui stavano andando incontro.
Alcune scene aiutano a sopportare le quasi due ore di film, ma onestamente non lo consiglierei nemmeno al mio peggior nemico. Se pensate di aver toccato il fondo, ricredetevi: Wild Zero è quanto di peggio il cinema nipponico possa sfornare. Probabilmente l'unico motivo per cui è considerato un cult.
Il film non si salva nemmeno sul piano tecnico: regia scolastica, inquadrature insulse, sequenze interminabili, effetti speciali ottenuti col pongo e sangue fatto col Crystal Ball. Ci vuole coraggio a definirlo low budget, in questo caso parlerei di no-budget-at-all.

Nel caso non foste convinti..

Guitar Wolf.
L'uomo dal plettro maledetto. Un nome una garanzia.
Guitar Wolf, Bass Wolf e Drum Wolf ... Ma questi capelloni proprio non potevano limitarsi allo strimpellare nel garage di casa?





Il mio voto: 3