mercoledì 28 ottobre 2009

Strange Circus



Titolo originale: 気球クラブ、その後 (Kimyō na sākasu)
Paese: Giappone
Anno: 2005
Regia: Shion Sono


Mitzuko è figlia di Gozo e Sayuri. Gozo e Sayuri non sono propriamente i genitori perfetti che ci si potrebbe immaginare. Mitzuko viene molestata dal padre e malmenata dalla madre. Scene tragiche tra le sontuose mura di una ricca famiglia giapponese. Il tutto calato nella disarmante scenografia psicologia del delirante mondo che Shion Sono scopre, violenta e sbatte sullo schermo con un'implacabile precisione. Un mondo dove tutto sembra finto, grottesco, caricaturale. Un mondo dove ogni cosa diventa metafora di se stessa ed una bambina si vede con occhi di donna, di uomo e di spirito violato. Un mondo in cui non c'è spazio per giocare ma solo per interpretare un ruolo. Così come tutti i personaggi dello strano circo che fa da corollario alla vicenda.
Ma cosa in realtà è finto, immaginario.. e cosa è reale? Chi sono i veri circensi? Gli strani esseri che dal palco chiedono un volontario tra il publico come vittima sacrificale ...o piuttosto gli esseri che popolano un mondo apparentemente "normale" in cui ossessioni e pulsioni si nascondono dietro ad una porta cesellata, una sedia a rotelle, un manoscritto consunto, una custodia per violoncello, un cappottino bianco punk, un locale osè, una bottiglia di sakè..?

Strange Circus è spietato. Come un abile chirurgo, scava nella mente della protagonista mettendone a nudo le paure, le debolezze e la disperazione. Il desiderio di vendetta, il bisogno di redenzione, le profonde contraddizioni derivate da un passato non del tutto limpido e sereno.
E' un coltello affilato, un pugno nello stomaco, un'abile intrusione nella privacy di una famiglia, ma anche di chi osserva dall'esterno.. conscio del fatto che un vero "esterno" forse non esiste.
Un po' come si dice anche nel film... di quale sia la realtà in fondo non si ha certezza: cosa succederebbe se.... ?
Le possibilità infinite regalano l'escamotage perfetto per un film che mescola piano di realtà e identità innumerevoli volte.. cercando di confondere, ma rendendo invece un'efficace ritratto psicologico di protagonisti e non.

Fotografia perfetta, regia mirabile e attori a volte sopra le righe ma mai scontati o inadatti. Degne di nota sia la sequenza iniziale che quella finale. Un film che rivedrei, e ho rivisto, molte volte. Da ricordare, sicuramente.

Voto: 9



martedì 13 ottobre 2009

Detective Story



Titolo originale: Tantei Monogatari
Paese: Giappone
Anno: 2007
Regia: Takashi Miike


Raita Kazama (Kazuya Nakayama) è un detective privato un po' fuori dalle righe, una sorta di Magnum PI nipponico senza Ferrari e lusso sfrenato. Raita Takashima (Kuroudo Maki) è impiegato d'ufficio, esperto in computers e hacker di medio livello, tranquillo, morigerato, ligio al dovere. Due uomini completamente diversi che si ritrovano non solo a condividere lo stesso nome.. ma anche a diventare vicini di casa in uno degli ormai soliti palazzi fatiscenti tanto cari ai film horror.
Quello di Miike non è però un classico titolo dell'orrore, non è nemmeno una detective story e non può essere definito nemmeno comico, nonostante la costante presenza di scene, battute e personaggi che di ridicolo hanno davvero tutto.
La trama si sviluppa attorno ad una serie di omicidi piuttosto cruenti, un ufficio di polizia che brancola nel buio buttandosi alla persecuzione di 4 sospettati a caso, fra cui il nostro Raita detective. L'uomo, innocente, parte così in una rocambolesca ricerca del vero colpevole aiutato dall'assistente Nagamine e dall'involontaria partecipazione del vicino suo omonimo.
A fare da sfondo ..la figura inquietante e grottesca di un artista un po' (tanto) sessuomane e attratto dall'occulto, fedele seguace del pensiero di Rudolf Steiner (leggasi ossessionato da..) e osannato dai critici d'arte come genio incompreso dell'epoca contemporanea.
Non sta a me svelare il finale, degno della migliore soap opera americana.. con colpi di scena e twists dal sapore vagamente paradossale, alla M. Night Shyamalan.

Miike stupisce, ossessiona, diverte, intrattiene e porta a pensare. Tutto in una pellicola. Anche se non trovo Tantei all'altezza di molte sue altre opere, è comunque un omaggio al cinema di genere che trova spazio nel sabato sera freddo e senza sapore di chi non può uscire di casa. Un film scartabilissimo, con evidenti cadute di ispirazione ("omaggi" a film come Il Silenzio degli Innocenti, ufficialmente) e battute scontate, che contribuiscono a diminuire sensibilmente la credibilità del cinepanettone nipponico.

Trascurabile.

Voto: 5